L’amministratore è tenuto a inviare una copia completa del verbale dell’assemblea condominiale agli assenti alla riunione, in modo tale da consentire loro di impugnarlo entro un periodo di 30 giorni, come desumibile dal secondo comma dell’articolo 1137 c.c.
Per la giurisprudenza corrente le formalità previste per l’invio dell’avviso di convocazione dell’assemblea non valgono anche per la comunicazione del verbale d’assemblea, dalla cui ricezione, per i condomini assenti, decorrono i trenta giorni perentori entro cui impugnarlo. (Trib Civ. Genova, Sentenza n.477 del 12 febbraio del 2024).
In effetti, nessuna norma prevede che il verbale debba essere trasmesso ai condòmini mediante raccomandata a/r o pec.
È pur vero, però, che l’invio del verbale agli assenti tramite le medesime modalità previste per l’avviso di convocazione fornisce all’amministratore la conferma dell’avvenuta ricezione e la sua data certa.
L’invio del verbale può essere fatto con altre modalità (e-mail ordinaria, posta prioritaria), soprattutto se la richiesta è fatta dal condomino ma la scelta di trasmettere il verbale tramite modalità che non assicurino la prova della ricezione impone all’amministratore di dover fornire la prova della corretta notifica.
Conclusivamente, sebbene per la comunicazione del verbale dell’assemblea di condominio, a differenza dell’avviso di convocazione, la legge non indichi le modalità di recapito, è consigliabile attenersi a quelle indicate dall’art. 66 disp. att. c.c., poiché consentono di avere certezza della data di ricezione.


È consigliabile inviare il verbale delle riunioni nei giorni immediatamente successivi per 2 motivi principali:
• consentire ai condomini assenti di essere informati sulle deliberazioni assunte;
• facilitare la valutazione della possibilità di impugnare le decisioni assunte entro 30 giorni.
Il termine di trenta giorni stabilito dall’art. 1137 c.c. si applica innanzitutto alla mediazione la quale, com’è noto, è condizione di procedibilità della successiva azione giudiziaria.
I trenta giorni, infatti, si interrompono per tutta la durata della mediazione per poi cominciare a decorrere nuovamente all’esito (negativo) della stessa.
Quanto appena illustrato non trova pieno riscontro nella normativa post Cartabia.
La riforma, infatti, sembra aver stabilito che la mediazione interrompa per una sola volta il termine perentorio dei trenta giorni, i quali comincerebbero nuovamente a decorrere già dal giorno successivo alla notifica dell’istanza alla controparte. Così testualmente l’art. 8, comma secondo, del d.lgs. n. 28/2010: «Dal momento in cui la comunicazione di cui al comma 1 perviene a conoscenza delle parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e impedisce la decadenza per una sola volta».
Questo orientamento, però, si poneva in contrasto con lo spirito deflattivo della procedura conciliativa tanto che è intervenuto il cosiddetto “secondo correttivo Cartabia” di recente approvato.
Art.4-bis all’art. 11 del d. lgs. n. 28/2010: «Quando la mediazione si conclude senza la conciliazione, la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza di cui all’articolo 8, comma 2, decorrente dal deposito del verbale conclusivo della mediazione presso la segreteria dell’organismo»
Di conseguenza, i trenta giorni necessari per impugnare la deliberazione assembleare decorrono nuovamente dal termine della procedura di mediazione.

 

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